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31/12/14 BUON ANNO NUOVO NELLA SCUOLA LE PAROLE DI UN INSEGNANTE

Per concessione del sito www.ilgrandecolibri.com pubblichiamo questa lettera di Gianfranco un insegnante.

 

“Essere un insegnante e vivere ogni giorno tra le mura di una scuola, mi porta a credere che questo nuovo ombelico del mondo della querelle omofoba incentrato nella scuolaitaliana non sia una forzatura dei media ma una realtà tangibile e terribilmente vera. In molti casi non vi sono posti più escludenti, discriminanti, volgari della scuola. Inutile sorprendersi. La colpa? Assolutamente non degli adolescenti che, anzi, si prestano a voler percepire ciò che li circonda, ma dei professori che continuano ad essere in molti casi una delle categorie più aberranti che la storia ricordi. Per alcuni non si può trattare nessun tema che sfiori tutto ciò che accade al di sotto della cintura dei pantaloni. Incuranti dell’ignoranza che serpeggia in tema di malattie sessualmente trasmissibili e dell’aumento delle gravidanze non desiderate, fanno finta che tutto vada bene.

Il calendario va avanti verso il 2015, mentre alcune mentalità restano ferme ai tempi del libro “Cuore”. E poi giammai sia nominata la parola “preservativo” in un discorso. Giammai! Per poi ritrovarsi ad avere allievi malati o allieve in attesa.

Questa forma di ostinato e colpevole silenzio su certi temi, che invece rientrano a pieno titolo nello sviluppo a 360 gradi di ogni giovane membro della collettività, è aggravata dal continuo riferimento a quella distinzione marcata tra ruolo maschile e femminile, in quella esaltazione di ciò che è da uomini o meno. Non soffermatevi nei licei, andate in tutte le scuole tecniche e soprattutto professionali, immaginate cosa significhi essere omosessuale o percepirsi tale in certi contesti. Provate a manifestare in certi luoghi un desiderio di travalicare il proprio genere alla ricerca di una nuova identità in classi dove si combatte quotidianamente affinché si raggiunga uno sviluppo dell’ormone pari alla quantità di becchime assunto da tante galline che razzolano in un cortile.

Inutile sperare in un cenno da parte della maggior parte dei professori di turno. Niente di niente. La cronaca recente ci rimanda alla campagna promossa da Forza Nuova a Milano per segnalare tutti gli insegnanti che dissertano sulle tematiche del gender (repubblica.it), per non parlare dell’aggressione ad Assisi subita da un quattordicenne da parte di un docente dopo che il primo sarebbe stato additato come conoscitore della questione omosessuale. Per aver risposto il giovane sarebbe stato brutalmente malmenato (giornaledellumbria.it). E se non bastasse pensiamo alla docente di religione di Torino che ha sostenuto che l’omosessualità si può curare (repubblica.it), per poi giungere a qualche diocesi (e non solo) che vorrebbe monitorare tutte le scuole dove si continua ad affrontare la questione pericolosa del gender (repubblica.it).

Insomma – mentre le scuole cadono a pezzi, in alcune province nelle classi si resta al freddo e al gelo per mancanza di fondi, noi docenti viviamo la condizione di classe lavoratrice meno considerata a livello planetario, si fanno i conti con la carta e quella igienica sparisce nel momento del bisogno – si combatte solo per negare agli studenti informazioni basilari che invece testimonierebbero che davvero una vita è sempre possibile. Si impedisce di credere che si possa amare una persona dello stesso sesso non perché si è malati e che contro l’amore non c’è pillola che tenga per guarire ma solo l’amore e l’accettazione verso se stessi.

E si condanna la battaglia di alcuni pionieri tra noi contro l’uso di abusati termini dispregiativi oppure contro le frasi “è da femminuccia” o “un maschio non farebbe così“, retaggi arcaici che non fanno altro che aumentare un disagio che non termina nelle aule scolastiche, ma spesso si trascina in persecuzioni via web e tramite social network. Le iniziative di discussione, spesso avviate grazie ad associazioni o alla volontà dei singoli, sono poi osteggiate proprio da quei gruppetti di docenti che della rigidità mentale hanno fatto l’unico vessillo in nome dell’elasticità con la quale accettano che certe vite possono essere spente lentamente.

Con la stessa lentezza che impiega l’insetto che, sbattendo violentemente contro un vetro chiuso, impazzisce sempre più, chiedendosi, mentre spira abbandonato su se stesso, perché, pur vedendo il cielo, non riesce più a sentire l’odore della libertà.”

Gianfranco

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